The Blues: il delta del Mississippi

Fra le paludi fangose, il lavoro nei campi e credenze religiose influenzate da cristianesimo e voodoo,
gli afro-americani hanno da sempre combattuto i propri disagi con il potere della musica...

un diavoletto una foto di Robert Johnson un diavoletto
Robert Johnson (da www.ondarock.it) e due diavoletti (da rawpixel.com)

Quando nasce una nuova corrente artistica, non subito viene dato un nome ad essa. Così, nel Mississippi, gli uomini si dividevano in quelli che cantavano per il Signore, per lodarlo e pregarlo, e quelli che cantavano di una vita diversa, sfrenata e immorale, un antenato del più moderno "Sex, Drugs and Rock'n'Roll".
I primi sono coloro i quali hanno dato origine al Gospel, i secondi al Blues. Da questa introduzione, appare chiaro come il Blues, e la figura del bluesman fossero legate all'esoterico, al dannato, e alla disperazione di uomini che non possedevano nient'altro se non la propria musica. A questo proposito si inserisce la figura del bluesman più importante di tutti: Robert Johnson.
La storia narra che di chitarristi bravi ce ne fossero tanti, ma Robert non era assolutamente contemplato fra questi. Il leggendario Son House, indirizzò il giovane Robert verso l'armonica a bocca, sostenendo che la chitarra non fosse affar suo. Il Blues con tutto il suo tormento si abbattè sul giovane, quando perse la consorte a causa di un parto, al quale non sopravvisse nemmeno la progenie: in quel momento tutto cambiò, e Johnson sparì dalla circolazione. Alcuni sostenevano di vederlo a un incrocio, in attesa del diavolo: la credenza vuole, infatti, che chi abbia intenzione di stringere un patto col diavolo, debba aspettarlo alla mezzanotte a un incrocio, il diavolo si presenterà, e in cambio dell'anima esaudirà ogni tuo desiderio.
Dopo un anno, Robert Johnson fece il suo gran ritorno, ma nessuno poteva credere alle sue orecchie: era diventato un musicista sopraffino, le sue dita scivolavano con leggerezza sulla tastiera della chitarra, la sua voce era acuta, straziante, i suoi arrangiamenti inclazanti, il suo orecchio assoluto. Robert Johnson era diventato il Dio (o il diavolo) del Blues. Di lui ci restano solo due fotografie e 29 tracce, e sono bastate per elevare la sua figura a massima ispiratrice di ogni musicista del genere. Nei suoi testi allude spesso, quando non ne parla esplicitamente, del suo rapporto con il diavolo, pregando il signore affinchè possa salvarlo.

"Early this morning
When you knocked upon my door
Early this morning ooh
When you knocked upon my door
And I said, "Hello Satan"
"I believe it's time to go""

Me and The Devil Blues, Robert Johnson

Durante una sua esibizione accusa improvvisamente dei forti malesseri, fugge a casa dove muore in due giorni, accompagnato da strazianti versi di sofferenza (secondo le testimonianze). Era il 1938, e Robert Johnson moriva a 27 anni, dando inzio così ad un'altra leggenda del mondo del rock, ovvero quella del Club 27. Che sia stato il diavolo o meno a portarlo via, con lui il mondo della musica e quello dell'esoterismo si fusero per la prima volta, in un processo (almeno estetico) che è arrivato agli odierni Ozzy Osbourne e Marilyn Manson.
Oltre il mito, tanti altri hanno fatto la storia di questo genere: fra questi, ricordiamo il già citato Son House, il quale veniva considerato il maestro di musica in quel di Riverton, Mississippi, a cavallo '20 e '30, Skip James, Leadbelly e la sua chitarra a dodici corde, Mississippi John Hurt (una delle voci più strazianti del blues), Muddy Waters e Blind Willie Johnson, il cui brano "Dark was the night, Cold was the ground" è stato inciso sul disco "Voyager Golden Record", lanciato nel 1977 con due sonde nello spazio.

una foto di Son House una foto di Mississippi John Hurt una foto di Skip James
Da sinistra a destra:Son House (da Blackpast.com), John Hurt (da Spotify.com) e Skip James (da Wikpedia).